mercoledì 22 gennaio 2014

Achille e Gina avevano ragione?

Uno studio dell'ARPAM attesta una intensificazione di malattie di tipo degenerativo nei luoghi prossimi alle discariche. In memoria di due care persone che l'avevano detto.

Discarica, rifiuti
Ho sempre avuto un debito di cuore verso Achille e Gina, di quelli che non si possono sanare in nessun modo. Avevano casa vicino alla discarica, e insieme agli altri abitanti della zona avevano costituito un comitato che la voleva chiusa; io ne facevo parte come sostenitore e anche perché, scrivendo, sapevo mettere i congiuntivi nei periodi ipotetici della chiusura.


Il primo periodo ipotetico era la fine del 2003, e già a quel tempo Achille stava male. Quando poi, con qualche anno di ritardo sulla data prevista, la discarica venne chiusa, lui era già morto, e la Gina – donna di ruvida sincerità e di forti sentimenti - piangeva e quasi urlava che glielo aveva ammazzato la discarica. Ed era difficile risponderle, perché tutti più o meno eravamo convinti che poteva essere così, ma non era cosa che si potesse sostenere con prove per possibili risarcimenti morali, giuridici ed economici. Né avevamo modo di attestare una nocività diretta della discarica sulla salute di chi le vive accanto.

Amministratori e gestori a ogni livello negavano che potesse esistere una specifica nocività pericatarmica (intorno alla discarica), né c'erano studi che potessero comprovarla. Così la Gina si indignava anche di più per non avere da noi il sostegno necessario, e diceva che la discarica avrebbe fatto morire anche lei.

Ritorno col pensiero a queste cose perché, seguendo un'indicazione di Luigino Biagetti, ho potuto leggere di una ricerca condotta dall'ARPAM di Ancona (l'ARPAM è l'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale delle Marche) sul tema: “Stato di salute delle popolazioni residenti in aree prossime ad impianti di smaltimento di rifiuti solidi urbani”.
Si tratta di un'indagine epidemiologica condotta da Mauro Mariottini e Marco Baldini su 12 aree delle Marche prossime a discariche attive o anche dismesse, nelle quali non è compresa quella della discarica di Castel Colonna. Malgrado l'incompletezza, è possibile però trarre dall'indagine conclusioni di tipo generale quali non si potevano avere ai tempi in cui nessuno si poneva il problema.
Prima tra tutte quella che è possibile e giusto parlare di una particolare nocività per chi vive intorno alle discariche. “Le cause di mortalità e di ricovero ospedaliero”, scrive infatti il documento, “sono quelle che l'attuale letteratura scientifica associa alla residenza in prossimità di siti legati al ciclo dello smaltimento dei rifiuti, in particolare tumori emolinfopoietici, polmone, vescica, fegato e malformazioni congenite”.

E' pur vero che ripetutamente l'indagine precisa come non possano essere stabiliti “nessi di causalità tra la presenza di eventuali contaminanti ambientali legati ai luoghi di smaltimeto dei rifiuti e le patologie osservate”, ma è anche vero che l'esame epidemiologico accerta in effetti una particolare concentrazione di tali malattie in vicinanza delle discariche.
In conclusione, poi, ammette che “l'evidenza di incrementi di eventi sanitari nelle aree in questione pone l'indicazione ad effettuare ulteriori e più dettagliate indagini per una migliore conoscenza del problema”.

Questa è in effetti una richiesta che dovrebbe essere raccolta e avvalorata dagli amministratori che verranno eletti nella nuova area conurbana di Trecastelli, e prima ancora di loro (che tendono piuttosto a nascondere perché vi resterebbero danneggiate alcune attività ricettive) dalla popolazione direttamente interessata dalla vicinanza alla discarica: non solo perché ne segnala l'opportunità lo studio dell'ARPAM, ma anche per una possibile attività di prevenzione, e non ultimo per rendere, seppure tardivamente, ad Achille e alla Gina ragione dei loro timori.
La memoria serve anche per questo.



di Leonardo Badioli

come contributo esterno al meetup di Trecastelli

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