martedì 10 marzo 2015

Ed ecco a voi Sibilla

Alla fine qualcuno dovrà pure assumersi il compito di presentare Sibilla, la prossima vicina “di casa” della città di Senigallia. Ancora nessuno l’ha fatto. E il tempo stringe.

La mappa dell'area a largo delle coste di Senigallia dove verrà stoccata la CO2
Veramente il suo arrivo era già stato annunciato in un Consiglio Comunale del 2012; ne era seguito uno scalpiccìo tra la spiaggia di velluto e Roma culminato con un’interrogazione della Serracchiani prima che il suo nome tornasse nel silenzio. Di recente è stato il MoVimento 5 Stelle a occuparsi di perforazioni e di stoccaggi, ha tenuto conferenze a Senigallia, ha animato dappertutto proteste, finché, con il decreto Sblocca Italia che dichiarava di interesse nazionale ogni attività energetica, il tema è esploso e ha dato luogo al sorgere di un’opposizione diffusa in tutta Italia. Proprio pochi giorni fa l’emendamento di un senatore di Forza Italia e GAL ha approfittato della distrazione generale per proibire l’uso di esplosivi esplorativi (air gun) in mare.


Ma di Sibilla in modo particolare, di cos’è, di chi la fa, di cosa è fatta e del rischio cui ci espone, nessuno ha parlato se non per vaghi accenni. Eppure ci riguarda direttamente come senigalliesi, perché, insieme a Brindisi e a Porto Tolle, è Senigallia il luogo marino prescelto per lo stoccaggio geologico di biossido di carbonio.

Cos’è questa Sibilla?
Sibilla è un’area molto grande che si trova al largo di Senigallia. La società che progetta stoccaggi di CO2 ipomarini l’ha perimetrata come più opportuna per lo scopo che si prefigge. Dentro questo perimetro c’è un pozzo abbandonato risultato da ricerche infruttuose di idrocarburi condotte nel 1969. Questo pozzo è profondo quasi quattro chilometri e ha anche un nome, Cornelia. Attraverso, vi dovrebbe passare la CO2 catturata alle emissioni industriali, liquefatta da iniettare nella terra perché ci resti ‘per sempre’.

Un po’ più tecnicamente? 
Il progetto Sibilla prevede il posizionamento di una piattaforma temporanea di perforazione a 3 gambe di tipo jack-up; il rientro del pozzo Cornelia 1 localizzato a circa 27 km (14,6 miglia nautiche) al largo dalla costa di Ancona; la perforazione del dreno orizzontale Cornelia 1 DIR; il completamento o chiusura mineraria del pozzo, per verificare la possibilità di stoccare la CO2 nella culminazione della struttura di Cornelia.

Chi l’ha progettata?
La Independent Gas Management s.r.l. di Roma, ma al suo terzo spostamento dopo Livorno e Milano, società di una sola persona, William Gregory Coleman, canadese residente a Londra. Questa società ha condotto già dal 2012 ricerche nell’area, nella previsione che Sibilla divenga operativa nel 2015. Il progetto di stoccaggio di CO2 è sostenuto e finanziato dalla Unione Europea, e il Nord Adriatico indicato come luogo molto adatto allo scopo.

Finanziamenti dell’Unione europea? Ma non avevano detto che bisognava ridurre la produzione di CO2? 
In effetti, secondo i geofisici di Stanford (19 giugno 2012) per ridurre in modo significativo le emissioni bisognerebbe operare su scala vastissima sequestrando più di 3 miliardi e mezzo di CO2 all’anno, una quantità assolutamente irraggiungibile.

Si tratta di tecniche conosciute? 
Sì e no. I progetti già operativi nel mondo sono tre. Il primo è Utsira in Norvegia, anche quello sotto il fondale del mare, operante dal 1996. Quelli previsti nell’Adriatico sono tre: a Brindisi, a Porto Tolle e a Senigallia, ma passano come “sperimentali”.

E ci sono rischi? 
Se andate a leggere il briefing su Utsira di Greenpeace, ve ne farete un’idea. Ci furono perdite causate da fratture nel fondale da cui fuoriusciva un flusso di acque di processo confinate sottoterra. Le iniezioni vennero fermate. Inoltre si registra, inaspettatamente, che la CO2 non resta ferma negli strati profondi, ma tende a risalire. Non si è certi poi che rimanga dove la metteranno, e soprattutto che ci resti “per sempre”.

E per quanto riguarda la sismicità dell’area? 
La sequenza sismica dell'area a largo di Senigallia dove si trova il pozzo Cornelia
L’Independent Gas Management ha condotto propri studi e rilevazioni geofisiche in 2D e 3D per studiare l’area del mare davanti Senigallia. Ne è emerso che sarebbe sismicamente ‘irrilevante’; ma tutte le carte sismiche (ad esempio l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – INGV) e la stessa storia della città dimostrano che non è così. Guardate per esempio questa sequenza sismica (vd. foto): vedete dove si trova Cornelia e com’è messo lo spazio geologico sottostante. Inoltre, secondo gli scienziati dell’US National Research Council, nascondere l’anidride carbonica industriale sotto il tappeto terrestre potrebbe dar luogo a piccoli ma significativi terremoti. Con fuoriuscita di gas, ovviamente. Effetto Nyos, quel lago africano dove…

Ci sono esempi di disastri avvenuti, o solo ipotesi? 
C’è letteratura, come abbiamo visto; e c’è anche fantasia; ma quel film intitolato “Fossa delle Bermude nel Mare del Nord” che ha dato RAI 2 dimostra che il rischio è percepito come possibile e credibile. Nel film il fondo del mare nell’area di stoccaggio era collassato e rischiava di inghiottire l’intera costa.

A che punto siamo dell’intera vicenda? 
La società intermediaria Independent Gas Management deve avere finito il suo compito, perché da visura camerale si vede solo che dal novembre 2014 risulta inattiva. Ci sarebbe da sapere se il Ministero allo Sviluppo Economico (al quale, dopo lo SbloccaItalia, spetta l’intera partita energetica) ha accolto il progetto, approvato la Valutazione di Impatto Ambientale e ha attivato la convenzione. E poi se la società che deve fare i lavori li ha effettivamente cominciati.

E come si fa ad avere queste informazioni? 
Ce le dà il Governo? No. Ce le dà Spacca? Nemmeno: ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale per la questione delle competenze, ma ancora nel merito non ha detto niente. Ce le dà il Comune allora. Sì: se le ha; ma se non le ha le dovrebbe chiedere: in fin dei conti al Sindaco spetta la tutela della salute e del territorio comunale. Se passa una settimana e ancora non sappiamo niente, proveremo a chiedere al Prefetto. Ma è brutto pensare che, di fronte a questa vicenda, nessuno faccia o dica nulla.

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